"Un caffé per me e per la mia coscienza"

lunedì 7 marzo 2011

Attimi di sana inciviltà romana

Stamattina dalla finestra su via Avicenna mi affaccio e vedo...

“L´avanzata dei responsabili tra paradosso e spudoratezza” (Ermanno Rea).

Che in Italia la responsabilità sia una merce piuttosto rara è cosa nota: me lo insegnò già al ginnasio un originale professore di storia che mi diede da leggere una sintesi delle famose tesi di Lutero: impara, ragazzo, impara. Siamo uno strano paese, sempre in bilico tra paradosso e spudoratezza. Oggi si autodefiniscono «responsabili» quei parlamentari, transfughi da varie formazioni politiche, che sono corsi a puntellare il traballante baraccone governativo. Naturalmente, dicono, in maniera del tutto disinteressata, animati da genuino amore per il premier calunniato, insomma senza alcuna ricompensa, in cambio di nulla.
Siamo sinceri: che gli onorevoli in questione affermino amenità simili, e si costituiscano ufficialmente in «gruppo dei responsabili», ci può anche stare: chi dirà mai che si è lasciato sedurre da qualche succosa promessa politica (per esempio dalla riconferma sicura del mandato parlamentare in caso di elezioni) o addirittura da un bel gruzzolo di contanti (mai lasciare tracce bancarie)? Allarmante invece è il fatto che il titolo di «responsabili», sempre meno velato d´ironia, sia riuscito ad affermarsi nel comune gergo televisivo e giornalistico, per cui Tizio e Caio, come che sia, sono dei «responsabili»; piaccia o no, incarnano una delle massime virtù civili e politiche e perciò sono esempi da imitare. Prendiamo Scilipoti. Nei telegiornali è decisamente un «responsabile». Lo stesso accade a Razzi e a Galearo: fanno parte dell´«area dei responsabili», insomma sono la quintessenza della «responsabilità», senza scherzi. La gente ascolta: qualcuno se la ride ma altri ci credono.
Ricordo lo splendido verso di J. Ramòn Jimenez: «Intelligenza, dammi il nome esatto delle cose». Fino a qualche tempo fa conoscevamo ancora il significato delle parole, almeno in parte. Poi, lentamente, esso è come evaporato, si è fatto via via più ambiguo, fino a inglobare il suo stesso contrario, equiparando per esempio «responsabilità» e «irresponsabilità», o per lo meno oscurando i loro confini agli occhi dei più.
Naturalmente la corruzione del linguaggio è soltanto la spia della corruzione generale. Accade anche fuori d´Italia? Forse. Non però in maniera così incisiva, così spudorata. Chi altri sa mentire come noi? Chi altri sa negare l´evidenza con altrettanto trasporto? Prendiamo Berlusconi. È un autentico maestro in questo campo. Alla maniera di un famoso personaggio femminile di Stendhal che, scoperta dall´amante attraverso il buco della serratura tra le braccia di un altro uomo, smentisce l´adulterio con delirante fatuità (ma come, voi credete più ai vostri occhi che alle mie parole?) egli pretende un credito assoluto, anzi cieco, quale che sia la balla che propina.
Si dirà: ma da dove saltano fuori simili personaggi? Possibile che siano soltanto frutti di stagione senza progeniture culturali? Senza precedenti storici? Forse è arrivato il momento che tutti noi italiani cominciamo a interrogarci più seriamente sul nostro passato e sulle nostre perverse eredità, scoprendo che cosa significa veramente la parola «responsabilità». E scoprendo anche che la propria coscienza – perfino quella di un politico corrotto – vale forse qualcosa di più di centocinquantamila euro che, a ben pensarci, è cifra alquanto modesta, soprattutto per chi, in quanto parlamentare, gode di un reddito più che rispettabile. Dio, che paese di straccioni perfino nella corruzione! Ma siamo caduti veramente così in basso?

ERMANNO REA da La Repubblica del 7 marzo 2011.

venerdì 4 marzo 2011

Precisazioni

Solo un appunto rapido rapido. La commissione di massimo scoperto è una spesa e come tale rientra nel calcolo del TEG (tra la voce 'spese' nella seconda parte della formula), ma solo dal 1° gennaio 2010. Così ha istituito il Ministero del Tesoro, sentita la Banca d'Italia (così come previsto dalla legge 7 marzo 1996 n. 108, su disposizione dell'art. 644 c.p.). La norma NON può essere retroattiva (anche perché avete mai sentito di un reato penale retroattivo?!?) e non è possibile compiere dei calcoli dei TEG per operazione antecedenti l'introduzione della nuova disposizione che contengano la CMS perché la risultante di quei calcoli non sarebbe confrontabile con il dato medio TEGM estratto e pubblicato trimestralmente dal Ministero. Secondo voi è possibile porre a confronto elementi differenti, come ad esempio le mele con le pere? No, e allora perché agli avvocati e ad alcuni CTU poco competenti (e mi dispiace per la categoria) passa per la mente di poter compiere dei calcoli con elementi così dissimili? Io sono seriamente perplessa sulla competenza di certe persone, di certi esperti che si definiscono tali.
Infine, tanto per buttarla là, l'interpretazione della norma non viene fatta ai fini di tutela di un soggetto o di un altro, quello lo fa l'avvocato. Interpretare una norma giuridica significa compiere un'operazione di elaborazione dottrinale oggettiva che prende forza proprio dalla norma, dalla legge.

mercoledì 2 marzo 2011

Il caso Delta in Parlamento


di Beatrice Marconi
Dopo mesi di indagini il caso Delta è arrivato in Parlamento tramite l’interrogazione che il senatore Lannutti – già presidente dell’associazione dei consumatori Adusbef – dell’Italia dei Valori ha presentato in aula ai ministri dell’Economia e del Lavoro nei giorni scorsi, per il licenziamento della dirigente di E-Stat (società commissariata del Gruppo), Marina Angelini, malata di cancro. L’obiettivo era quello di sollevare la questione, non solo del licenziamento che così emotivamente può sembrare una tragica ingiustizia, ma soprattutto del ruolo svolto fino a oggi dai tre commissari straordinari nominati dalla Banca d’Italia nel 2009 che non sono riusciti, probabilmente, a svolgere il loro compito di salvaguardare la continuità aziendale e i posti di lavoro. Il caso della Angelini è certamente drammatico, anche se probabilmente è solo l’ennesimo di tanti altri che si sono susseguiti in questi ultimi mesi per i dipendenti delle società del Gruppo Delta. È necessario ricordare alcuni elementi che sembrano indispensabili per chiarire quest'ultima vicenda – cui in realtà ne è seguita un’altra nelle ore scorse – tanto sconcertante. La dirigente di E-stat è stata licenziata perché già inserita nel gruppo dei dirigenti – e non impiegati – in esubero diversi mesi fa, quando i tre commissari hanno dovuto pianificare una nuova e delicata riorganizzazione delle risorse, alla luce della difficile situazione aziendale, che sta comportando da circa due anni, il blocco totale delle attività aziendali condotte fino al commissariamento. La decisione era stata presa dagli amministratori dunque, mesi prima che la dirigente mettesse a conoscenza l’azienda della sua malattia. La notifica della decisione assunta nei mesi estivi è però giunta alla diretta interessata lo stesso giorno in cui la Angelini comunicava all’azienda di doversi assentare dal luogo di lavoro per sottoporsi ad un intervento necessario per il tumore diagnosticato. Il ricorso della dirigente è stato immediato, così come il propagandarsi della notizia, i giornali locali hanno pubblicato la foto della malata sdraiata in un letto di ospedale con la flebo in secondo piano e la lettera di licenziamento sul cuscino. L’effetto è emotivamente immediato, la domanda che però in molti si sono posti è la seguente: i tre commissari straordinari possono essere stati così sciocchi che, già in una situazione di estrema crisi, abbiamo agito in questa maniera volontariamente, consapevoli del rischio di incorrere in una vertenza dalla portata sensazionale? La vicenda del licenziamento della Angelini però è solo una delle tante notizie ‘particolari’ che giungono dagli uffici del Gruppo Delta. Il 4 febbraio i sindacati, i commissari e probabilmente le rappresentanze del gruppo Intesa San Paolo, futura acquirente delle società del Gruppo SediciBanca e Bentos assicurazione, si sono riuniti per stipulare l’ennesimo accordo sul futuro dei dipendenti. Se già agli inizi dell’autunno, a seguito della mancata presentazione da parte dei commissari straordinari al Tribunale di Bologna dell’omologa del piano di ristrutturazione del debito, l’acquirente Intesa aveva rinunciato all’accordo antecedentemente sottoscritto che prevedeva l’acquisizione della banca e dell’assicurazione e di tutti i suoi dipendenti, costringendo i commissari a riprendere in mano il vecchio piano di esuberi concordato con i sindacati tra marzo e aprile del 2010 e dunque a licenziare gran parte dei dipendenti delle due società in questione; dalla riunione della settimana scorsa è uscito fuori un annuncio decisamente preoccupante. I sindacati non hanno ancora – in queste ultime ore – rilasciato un comunicato ufficiale, ci rifacciamo pertanto alla mail che è girata in via informale tra i dipendenti di SediciBanca. I punti discussi venerdì 4 febbraio sono i seguenti: l’impegno da parte di Intesa, formalizzato il 23 dicembre 2010 e strettamente connesso all’accordo di ristrutturazione del debito, di assumere 200 persone già confluite nel fondo emergenziale – stanziato dal Ministero nel mese di aprile del 2010, che prevede come per la cassa integrazione, il mantenimento di parte dello stipendio per periodo massimo di due anni – compresi i dipendenti di SediciBanca e Bentos assicurazioni già licenziati e confluiti nel fondo nei mesi scorsi. Inoltre sembrerebbe che la procedura sulla ristrutturazione dei debito stia, lentamente, procedendo e la bozza dell’accordo stia giungendo al vaglio dei Consigli di amministrazione delle ottantanove banche creditrici di Delta, che dovranno accettare il piano, prima che questo possa essere presentato al Tribunale di Bologna per la relativa omologa. Omologa che appare necessaria perché Intesa compia il passo già peraltro formalizzato di assumere gli impegni sottoscritti di assunzione dei dipendenti della banca e dell’assicurazione. Omologa che però sembra destinata a procedere ancora più lentamente, causando la probabile richiesta da parte di commissari di un’ulteriore proroga – già avvenuta per SediciBanca – alla Banca d’Italia. Infine una buona notizia, Eunice sim, società di intermediazione mobiliare del Gruppo Delta, verrà ceduta ad Arianna sim appena giungeranno le necessarie autorizzazioni. Morale del comunicato informale dei sindacati: tutti i dipendenti di SediciBanca e di Bentos assicurazione, anche coloro che ancora hanno conservato il proprio posto di lavoro, confluiranno nel fondo emergenziale per essere successivamente ripescati dal Intesa quando l’omologa sarà stata approvata dal Tribunale. Cosa può significare ai fini pratici questo passaggio? Sicuramente la perdita di parte dei propri privilegi acquisiti con gli anni, come l’anzianità lavorativa e il contributo ad personam, ma c’è forse anche il rischio che l’iter si interrompa nuovamente così come è già successo tra settembre e ottobre, quando dopo aver sottoposto la maggior parte dei dipendenti della banca ai necessari colloqui per il riposizionamento all’interno della nuova realtà aziendale acquirente, Intesa San Paolo ha rinunciato all’accordo e provocato il licenziamento di parte del personale già da lei stessa esaminato. Se il tempo è denaro, allora gli attori protagonisti di questa vicenda farebbero bene ad accelerare i tempi di questo melodramma che sta durando ormai da quasi due anni.


Tratto da PeriodicoItalianoMagazine

Caso Delta

Per riprendere il filo del discorso lasciato a metà diversi mesi, mi sembra opportuno riportare qui di seguito l'ultimo articolo che la mia coscienza ha prodotto. La situazione del Gruppo Delta non è cambiata poi molto negli ultimi tempi, i mesi sono passati inesorabili, i licenziamenti sono fioccati sulla gran parte dei dipendenti del Gruppo (che sono passati da circa 1.400 compreso l'indotto ai 200 circa di oggi, indotto evidentemente chiuso), i tempi indeterminati sono confluiti nel Fondo emergenziale approvato l'anno scorso dal ministro Tremonti e quest'anno prolungato - forse per tutelare gli immenenti ulteriori licenziamenti. Chi invece era assunto a tempo determinato si è visto mandato via rapidamente. Ma a parte i licenziamenti, la cosa preoccupante è che i presunti acquirenti, Intesa San Paolo, hanno nuovamente stracciato gli accordi sottoscritti (e quindi 'violato' l'accordo preso) e richiesto ai commissari l'omologazione del piano di ristrutturazione del debito, che a tutt'oggi non è ancora arrivata. Ovvero, il piano di ristrutturazione, che deve essere preventivamente approvato da tutte le banche creditrici (novanta circa), non è ancora passato (non sono stati fatti i CdA?) e dunque non è ancora giunto tra le mani del tribunale di Bologna per l'omologa (che secondo la giurisprudenza moderna non è condizione necessaria, sarebbe sufficiente il consenso dei creditori e l'approvazione di un consulente/commercialista).
I dipendenti nel frattempo aspettano, le attività sono come da lungo tempo pressocché ferme e spesso si passano le giornate a guardarsi negli occhi e a far salire la tensione.
L'unica buona notizia è che Unicredit ha iniziato ad asssumere il personale già confluito nel Fondo. Più o meno venti persone hanno preso servizio nel più grosso gruppo bancario italiano (che presenta personale in esubero per circa 3000 unità) nella regione Lombardia (la maggior parte di questi, si dice abbia accettato un posto nel call center di Milano); mentre altre persone in Campania e nel Lazio hanno iniziato il cammino dei colloqui per l'assunzione in altre strutture del Gruppo.

Educazione filiare

Educazione anni '70 
L’asilo che frequentava mia nipote a Londra qualche tempo fa aveva promosso la creazione di un laboratorio infantile dove sviluppare e realizzare dei progetti artistici. La sponsorizzazione e la coltivazione delle arti sono sempre stati cari al mondo anglosassone, così come l’organizzazione di progetti dedicati esclusivamente ai bambini, capaci di stimolare la curiosità dei singoli e l’interazione all’interno del gruppo. Anche l’Italia non è da meno: da diversi anni sono nati associazioni e gruppi che organizzano, studiano, progettano percorsi artistici, laboratori teatrali e creativi dedicati al mondo dell'infanzia. Il fenomeno probabilmente comincia a prendere vita sull’onda del nuovo modello educativo sorto negli anni Settanta. La liberazione dal giogo patriarcale, la rivoluzione dei costumi e della sessualità hanno condizionato l’idea di essere genitore. L’obiettivo era biunivoco: se, da un lato, si riteneva essenziale educare il proprio figlio attraverso modelli di libertà e indipendenza che rompessero totalmente gli schemi della precedente educazione patriarcale e ‘oscurantista’, dall’altro, le regole erano precise e severe e l’obiettivo del genitore era chiaro: cercare di stimolare il più possibile il bambino, impegnandolo in attività ludiche e intellettuali al contempo. Il teatro si fa creativo, l’interazione con lo spettatore bambino diventa il perno su cui ruota la narrazione. Il bambino all’interno della sua cerchia è un soggetto attivo, il protagonista principale: la sua giornata si infittisce di attività, sportive e culturali, i genitori cominciano poco a poco a pensare di voler realizzare i propri sogni attraverso lo ‘specchio’ filiale. Ma l’atmosfera politica e politicizzata in cui si comincia a intravedere questo fenomeno è ancora molto viva, i genitori riescono a mantenere i propri spazi e a dividere i due mondi: quello infantile, fatto di violino e piscina, e quello degli adulti, composto di chiacchiere e di cene con gli amici. In quei momenti privati del mondo adulto, il bambino è partecipe e invisibile, ancora non accentra tutte le attenzioni su di sé e può svicolare tra i discorsi degli adulti non visto e sereno. È facile ricordarsi momenti di questo genere, serate con gli adulti in cui, talvolta annoiati, talvolta eccitati, noi bambini giravamo tra tavoli e poltrone, tra i fumi delle sigarette e i bicchieri di vino. Era un momento di normalità, nel quale il bimbo era un soggetto partecipe, ma non direttamente attivo: un osservatore. Quando sono cambiate le cose? Quando è stato il momento in cui l’adulto ha perso il controllo e la riservatezza del proprio mondo? In un articolo uscito nell’aprile del 2009 sul New York Times, una giornalista si è posta una questione piuttosto rilevante: è vero che i genitori sono mediamente più infelici delle persone che non hanno avuto figli? È stata colpa delle crisi economica che da qualche anno ci assilla o è un fenomeno che si accompagna al desiderio di controllo totalizzante sui figli? Se dagli anni Settanta abbiamo assistito a un maggior desiderio di pianificazione della vita della prole, con un’organizzazione che ancora non era totalmente sistematica della giornata dei fanciulli, da qualche tempo si sta assistendo a un profondo cambiamento del modello educativo. I genitori di oggi, quegli stessi bambini cresciuti tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta hanno maturato una sorta di paura, di insicurezza per il futuro che li spinge a dedicare la maggior parte delle proprie energie a totale disposizione dei figli. È una crescente attenzione nei confronti della prole che si manifesta attraverso la realizzazione di una sorta di piano, di progetto per il futuro che prende vita al momento del concepimento, se non talvolta prima, e che si articola attraverso tutta una serie di ‘espedienti’ tali da evitare al bambino i ‘traumi’ della vita odierna. Il desiderio di maggior protezione dei genitori si accompagna molto spesso con la realizzazione di un maggior controllo sui figli; un maggior controllo che poi sempre più spesso può essere interpretato come una sorta di proiezione dei desideri e delle realizzazioni mancate dei genitori sui figli. Sempre nel 2009 è uscito un altro articolo sul New York Times che annunciava: per i bambini è salutare essere sporchi. I bambini spesso lo sanno: essere liberi di giocare anche nel fango, nelle pozzanghere e nella terra può solo stimolarli e aiutarli a crescere forti. Costruire per la prole un mondo ‘ovattato’, ricco di svaghi voluti dagli adulti e lontani dai desideri più concreti dei bambini, non può certo esser di giovamento per una crescita sana ed equilibrata. La realtà, seppur spesso difficile e complicata da raccontare e da vivere, è probabilmente la strada migliore da seguire se si vuole fare del bambino di oggi un adulto concreto domani.

Tratto da laici.it